Secondo gli inquirenti, Cosa Nostra e il senatore avrebbero collaborato per portare consensi al Cavaliere nel 1994.
Marcello Dell’Utri ha ricevuto 30 milioni dal testamento di Silvio Berlusconi. Una donazione che aveva destato qualche sospetto visto che il senatore era l’unico – oltre a Marta Fascina – non appartenente alla famiglia del Cavaliere ad essere presente nelle ultime volontà del quattro volte presidente del Consiglio.
Lo stesso Dell’Utri, però, aveva negato qualsiasi possibilità di un secondo fine dietro al regalo che gli era arrivato da un suo grande amico. Gli agenti della Dia di Milano e Firenze, però, non sono d’accordo: quei 30 milioni, secondo loro, sarebbero “la contropartita a beneficio di Dell’Utri per le condanne patite e il suo silenzio nei processi penali che lo hanno visto e lo vedono coinvolto“.
Negli ultimi giorni, infatti, le forze dell’ordine si sono presentate a casa dell’ex manager di Publitalia, già condannato in passato per associazione mafiosa, con l’obbiettivo di reperire materiali utili alle indagini. Il 18 luglio, Marcello Dell’Utri sarà interrogato a Firenze.
Collaborazione con la mafia?
La tesi che gli agenti vorrebbero dimostrare sarebbe quella di una stretta di mano fra Cosa nostra ed il senatore nata con un obiettivo comune: fare eleggere Silvio Berlusconi nel 1994. Il Cavaliere, salito al potere, avrebbe poi avuto la possibilità di “indirizzare la politica legislativa del Governo verso provvedimenti favorevoli a Cosa nostra in tema di trattamento carcerario, collaboratori di giustizia e sequestro di patrimoni“, si legge nelle tesi dell’accusa.
Le stragi del 1993, comprendenti l’attentato a Maurizio Costanzo e quelli a Firenze, Milano e allo stadio Olimpico di Roma, avrebbero dovuto “diffondere il panico e la paura tra i cittadini, in modo da favorire l’affermazione del progetto politico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri“, indebolendo la forza del governo Ciampi.
L’accusa al senatore, inoltre, è quella di aver istigato il boss mafioso Giuseppe Graviano “ad organizzare e attuare la campagna stragista e, comunque, a proseguirla, al fine di contribuire a creare le condizioni per l’affermazione di Forza Italia, fondata da Silvio Berlusconi, al quale ha fattivamente contribuito Dell’Utri“.
La fine delle stragi
Le stragi del 1993 si fermarono proprio grazie al presunto accordo fra stato e mafia. Una “stretta di mano” raccontata anche da Gaspare Spatuzza durante il processo a Marcello Dell’Utri. Il mafioso avrebbe incontrato Giuseppe Graviano, appena prima che questi venisse arrestato, e lui gli avrebbe confidato di aver trovato un accordo con i due esponenti di Forza Italia.